La guerra è un’ossessione dei vecchi, che mandano i giovani a combatterla.

Oggi, il compito di un vero pacifismo dovrebbe essere non tanto demonizzare all’accesso la guerra, quanto capire che solo quando saremo capaci di un’altra bellezza potremo fare a meno di quella che la guerra da sempre ci offre.

Costruire un’altra bellezza è forse l’unica strada verso una pace vera. Dimostrare di essere capaci di rischiare la penombra dell’esistenza, senza ricorrere al fuoco della guerra. Dare un senso, forte, alle cose senza doverle portare sotto la luce, accecante, della morte. Poter cambiare il proprio destino senza doversi impossesare di quello di un altro, riuscire a mettere in movimento il denaro e la ricchezza senza dover ricorrere alla violenza, trovare una dimensione etica, anche altissima, senza doverla andare a cercare ai margini della morte, incontrare se stessi nell’intensità di luoghi e momenti che non siano una trincea, conoscere l’emozione, anche la più vertiginosa, senza dover ricorrere al doping della guerra o al metadone delle piccole violenze quotidiane.

Un’altra bellezza.

Oggi la pace è poco più di una convenienza politica: non è certo un sistema di pensiero e un modo di sentire veramente diffusi. Si considera la guerra un male da evitare, certo, ma si è ben lontano da considerarla un male assoluto: alla prima occasione, foderata di begli ideali, scendere in battaglia ridiventa velocemente un’opzione realizzabile. La si sceglie, a volte, perfino con una certa fierezza. Continuano a schiantarsi, le falene, nella luce del fuoco. Una reale, profetica e coraggiosa ambizione alla pace io la vedo soltanto nel lavoro paziente e nascosto di milioni di artigiani che ogni giorno lavorano per suscitare un’altra bellezza, e il chiarore di luci, limpide, che non uccidono.

E’ un’impresa utopica, che presuppone una vertiginosa fiducia nell’uomo. Ma mi chiedo se mai ci siamo spinti così avanti, come oggi, su un simile sentiero. E per questo credo che nessuno, ormai, riuscirà più a fermare quel cammino, o a invertirne la direzione.

Riusciremo, prima o poi, a portar via Achille da quella micidiale guerra. E non saranno la paura nè l’amore a riportarlo a casa. Sarà qualche, diversa, bellezza, più accecante della sua, e infinitamente più mite

Essere miti, questo è essere forti.

Alessandro Baricco (Omero, Iliade)

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